Pregiatissimo Dr. Scalfari...

“Pregiatissimo Dr. Scalfari…” iniziava così la lettera inviata da Papa Francesco al fondatore del quotidiano "La Repubblica" e pubblicata dallo stesso giornale l’11 settembre scorso.

Saranno sicuramente tremati i polsi anche ad Eugenio Scalfari, che certo non si può definire un giornalista di primo pelo, quando il postino ha recapitato la missiva con cotanta firma nella redazione del quotidiano romano. Ma le sorprese non dovevano finire lì per il fondatore del giornale più laico del nostro paese, se dopo tredici giorni a Scalfari capiterà di salire le scale della residenza di Santa Marta per trovarsi al cospetto di Jorge Mario Bergoglio, il Papa della cristianità, che ancora rappresenta circa un miliardo di persone in tutto il mondo.

Del resto il giornalista romano, come molti suoi colleghi, doveva aver già intuito qualcosa quando quel signore vestito di bianco, appena individuato come il cardinale argentino Bergoglio e il nuovo Papa Francesco, si affacciò dalla loggia di San Pietro e in diretta mondovisione esordi con un “buonasera”, il più mediatico dei saluti.

Non c’è però in Papa Francesco solo la capacità mediatica ma soprattutto la volontà piena di mettersi in dialogo con tutti, anche con quelli considerati “incalliti anticlericali”, proprio nell’intervista comparsa poi su Repubblica del 1 ottobre scorso Bergoglio afferma “il clericalismo non ha niente a che fare con il cristianesimo: se incontro un clericale divento di botto anticlericale”.

Per Papa Francesco il centro è l’uomo e su l’uomo il dialogo, se sincero, è aperto con tutti e deve cominciare appunto da quelli che vengono considerati più lontani, alla ricerca di punti d’incontro che favoriscano il progresso dell’umanità.

“I più grandi mali che affliggono il mondo in questi anni sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono lasciati i vecchi” sono queste le parole di Papa Francesco con cui Scalfari inizia il suo articolo del primo ottobre. È un incipit che in poche ore fa il giro del mondo, ripreso da giornali, televisioni, radio, agenzie e social network. Il Papa avrebbe potuto tranquillamente dire che il più grande male del mondo è il relativismo etico e la mancanza di valori condivisi. Non avrebbe certo detto falsità ma ripartire dall’uomo significa tastare con mano gli effetti, che questi due concetti sociologici, provocano sulla pelle e nella vita di ciascun individuo. Bergoglio è partito poi da due categorie che sono da sempre più indifese giovani e anziani.

Questa visione, che parte dall’uomo, porta Papa Francesco a fare la seconda affermazione, che forse Scalfari non si sarebbe aspettato, “il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso”. Dobbiamo lavorare per il bene, dirà più avanti nell’intervista, dell’uomo e invitare gli uomini a scegliere il bene contro il male nella concezione che ognuno ha di queste due categorie.

Partire dall’uomo ribalta la stessa immagine di Chiesa rispetto a quanto finora maturato nei secoli. Così il Vaticano e la Curia romana vanno lette al servizio delle diverse comunità locali dove nasce e si coltiva la fede degli individui, come nella stessa esperienza del Papa: “Io non avrei potuto avere la piena fede in Dio e nel suo Figlio se non mi fossi formato nella Chiesa e ho avuto la fortuna di trovarmi, in Argentina, in una comunità senza la quale non avrei preso coscienza di me e della mia fede”.

In questo mutamento di prospettiva anche l’essere una minoranza, situazione che ha angustiato in particolare la Chiesa italiana, non è un limite. “Dobbiamo essere lievito di vita e di amore e il lievito è una quantità infinitamente più piccola della massa di frutti, di fiori e di alberi che da quel lievito nascono. Mi pare d’aver già detto prima che il nostro obiettivo non è il proselitismo ma l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della speranza.”.

Diviene per questo essenziale ripartire dal Concilio e dal messaggio di dialogo che era alla base dei documenti elaborati dal Vaticano II°.

Sul tema del dialogo una dimensione importante è l’immagine che i credenti di altre fedi e chi si dichiara non credente hanno della Chiesa Cattolica. Bergoglio non ha dubbi e afferma necessario un cambiamento forte, rispetto ad una Chiesa che appare più istituzione che comunità missionaria. È necessario un cambiamento profondo, che parte dalla professione di fede nella “luce vera” il Signore Gesù. Questo non significa chinare il capo e prepararsi ad anni di silenzio. Anzi l’ultima parte dell’intervista con Scalfari parte proprio dall’annuncio e dal tentativo di trovare punti di unione con il “non credente curioso della predicazione di Gesù Cristo”. Lo stesso Scalfari si spinge al termine dell’intervista in una importante apertura di credito “Se la Chiesa diventerà come lui la pensa e la vuole sarà cambiata un’epoca”.

A qualche giorno da questa intervista, che definire storica non è certo esagerato, diverse voci si sono levate criticamente verso i contenuti dell’intervento di Papa Bergoglio, addirittura c’è chi ha fatto una vera e propria campagna di stampa come "Il Foglio". Questa levata di scudi stupisce non certo perché si critica il Papa. La libertà di critica, molti lo sostengono da sempre, può essere esercitata anche nei confronti del Vescovo di Roma, tanto più se lo fanno membri del cosiddetta intellighenzia laica, che fino a qualche mese fa ingrossavano le fila dei laici devoti, forse da uomini di Chiesa ci si sarebbe atteso un maggiore confronto all’interno delle comunità e non attraverso interventi pubblici.

Quello, che stupisce, sono gli argomenti base di queste critiche. Non c’è un tema politico che come sappiamo bene divide. L’immagine, che Papa Francesco ha della politica, è di una netta distinzione tra il compito di quest’ultima, che lui auspicata quale terreno di impegno del laicato, e l’attività religiosa della Chiesa, che occupandosi delle persone non può esimersi dal muovere critiche all’assenza di lavoro e al modello liberistico selvaggio, come del resto hanno spesso fatto i suoi predecessori sui temi della famiglia e dell’etica. Il Papa rende attuale dunque quella “scelta religiosa” che fu punto fermo dell’Azione Cattolica del dopo Concilio e che proprio ai documenti del Vaticano II si ispirava.

Sgombrato il terreno politico le critiche vengono avanzate sui temi della scelta preferenziale per i poveri, della necessità di rinnovamento della Chiesa e sul dialogo ecumenico e interreligioso. Pare che crei fastidio quel tentativo auspicato dal Papa di dialogo con l’uomo che abita “le periferie del mondo”.

Non si comprende davvero la base di queste critiche. I principi della dottrina di Papa Francesco sono quelli indicati dal Concilio e per alcuni di essi come la “scelta preferenziale per i poveri” la base è il Vangelo stesso. La Chiesa italiana aveva già fatto sua questa scelta con i convegni di Roma e Palermo, ma per questi osservatori probabilmente quelle erano chiacchiere. Ora tutto si fa più pericoloso perché a parlare è il Papa della Chiesa universale.

Massimiliano Franzoni

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