Buona Pasqua!

Carissimi amici e amiche,

la luce dell’alba senza tramonto sta per entrare nei nostri cuori per non uscirne più. È la luce del Risorto, che illumina i nostri cammini quotidiani di laicità, ci conforta nei momenti difficili e rende certa la gioia dei nostri momenti belli.

Sono proprio i cammini di laicità che attraversano la strada di Gesù nei tre giorni più importanti della storia, che ci apprestiamo a ricordare e a celebrare come intangibile segno della nostra Salvezza.

“Ecco l’uomo!”. Questa è l’affermazione perentoria di Ponzio Pilato rivolta ai giudei che gli chiedevano di crocifiggere Gesù. Pilato è turbato nel profondo. Lui aveva sempre esercitato il potere per il potere, non tenendo in nessuna considerazione il bene dei governati. Ora però era a contatto con la Verità ed era per lui una grossa novità pensare che ci fosse una verità al di là della ragion di stato e delle volontà di conservare il potere. Lo sguardo e le parole di quest’uomo, che va incontro alla morte senza timore, rivoluziona per un attimo il suo sistema di valori, ma alla fine cede al modello di esercizio del potere a cui era stato educato. La sua vita non sarà però più la stessa.

Simone era uno straniero veniva da Cirene ai confini della provincia romana. Era a Gerusalemme alla vigilia di un giorno di festa. Non sappiamo quali erano i motivi che lo avevano condotto lì. Sicuramente stava pensando ai suoi impegni, alle sue scadenza e a fare rientro il prima possibile a casa. Quanto spesso ci capita di camminare per le nostre città totalmente immersi nei nostri problemi. Ad un tratto incrocia uno strano corteo alla testa del quale c’è un uomo piegato dal peso della croce, che improvvisamente si accascia. Con modi sbrigativi gli sgherri che accompagnano l’uomo gli caricano la croce sulle spalle. Simone maledice quel momento, caricato di un peso non suo e distolto a forza dalle sue preoccupazioni, forse anche noi avremmo fatto lo stesso e quotidianamente ci capita di farlo. Accompagna Gesù sin sopra il monte del Calvario nel luogo detto Golgota. Questa breve distanza e questa condivisione non cercata e non voluta cambiano per sempre il corso della sua vita e lo trascinano a forza nella storia della Salvezza, anche la sua vita non sarà più la stessa.

 

Il centurione non è nuovo ad esecuzioni di questo tipo e pur sapendo di trattare con ladri e malfattori è ben cosciente che questa non è  certo giustizia, ma infondo per lui è un lavoro come un altro, tanto utile per sostenere la sua famiglia lontana a Roma e lo compie sperando di poter al più presto ottenere una licenza per ricongiungersi all’affetto dei suoi cari. Anche noi spesso fatichiamo a dare un senso al nostro lavoro al di là di quello del puro sostentamento. È probabilmente alla fine del turno e decide di scagliare la lancia per porre fine a quell’uomo tanto chiacchierato, che sembra non voler morire. Ma di improvviso tutto cambia in un momento e quella che era la normale conclusione di un turno di lavoro, si trasforma nel cambio definitivo di una vita. “Davvero costui era il Figlio di Dio”. Un’affermazione, che non ammette repliche, è quella di un pagano che ammette per primo dopo la sua morte la divinità di Gesù. Quante volte sono i “pagani” a darci il valore della nostra fede. Un’altra vita è cambiata per sempre.

 

Giuseppe d’Arimatea era un uomo giusto membro del Sinedrio e rispettoso della legge. L’insegnamento di Gesù lo aveva toccato nel profondo e aveva riconosciuto che Lui poteva essere davvero quel Messia annunciato dalle scritture. Eppure non era riuscito a fare nulla per salvare la sua vita. Quante volte anche il nostro impegno sembra inutile e quasi privo di senso. Era deluso e amareggiato. La fedeltà alla legge, per cui aveva vissuto una vita, era ora messa in discussione dal cuore, che era stato toccato e cambiato per sempre da quel Gesù. Ora non poteva fare altro che custodire l’essenziale donando un luogo per seppellire quello corpo. Quante volte scambiamo le nostre buone azioni come segni della disperazione. Quel luogo diverrà il Luogo del pieno compimento della storia. Per Giuseppe il cambiamento si farà definitivo.

 

La storia della Salvezza ci presenta le donne come custodi della vita. Dalle donne viene la vita e dalle donne viene la vita nuova quella che dura per l’eternità. L’abitudine al sacrificio allo svegliarsi all’alba faceva parte del costume delle tre Marie, come fa parte di quello di molte donne del nostro tempo divise tra lavoro e occupazioni famigliari, ma quell’alba era particolare intrisa di disperazione e di un buio senza uscita. Lungo il cammino non c’è la forza di proferire parola. Quante volte anche noi restiamo senza parole davanti al male. Arrivate al luogo del sepolcro però una luce improvvisa le colpisce. La paura è il primo sentimento ma poi l’Angelo e quelle parole che ne confermano altre già sentite. Bisogna correre. Le attanaglia paura mista a gioia. Bisogna avvertire la comunità. Noi sappiamo se le loro gambe saranno state sciolte o legate da quel guazzabuglio di sentimenti. Forse capita anche a noi di avere una notizia grande da portare alla comunità ma spesso le nostre gambe sono legate e finiamo con l’arrenderci. La corsa di quelle tre donne tenaci giunge invece alla meta. Quell’alba segna l’inizio di una vita nuova, non solo per loro ma per l’umanità intera.

Vi auguro che la Luce della Pasqua cambi per sempre la vostra vita e il vostro quotidiano cammino di laicità.

Buona Pasqua di vero cuore!

Massimiliano Franzoni
Presidente Diocesano

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