Radiocronaca di una crisi

“Chi non comunica è fuori gioco”. Inizia con questa frase perentoria il saggio “Radiocronaca di una crisi” edizioni Rai-Eri, scritto da Antonio Preziosi direttore di Radio 1 e del Giornale Radio Rai.

Il giornalista pugliese sarà a Fidenza il prossimo 14 settembre, nell’ambito della rassegna di eventi “La Cattedrale cuore della città – oltre la crisi” voluta dal Consiglio d’amministrazione della nostra Cattedrale.

Prima di ricoprire l’attuale incarico Preziosi è stato inviato politico seguendo i mandati di quattro presidenti del Consiglio Prodi, D’Alema, Amato e Berlusconi. Laureato in giurisprudenza alla Sapienza di Roma Preziosi ha conseguito il Master in Giornalismo all’Università di Perugia. Ha insegnato “Comunicazione politica” all’Università pontificia salesiana di Roma ed è stato direttore ad interim di Gr Parlamento da aprile 2010 a settembre 2011. Benedetto XVI° lo ha nominato nel 2011 consultore del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali.

Dopo la sua perentoria sentenza Preziosi ci presenta quella che a suo dire è una moderna icona della comunicazione.

“Pensiamo – scrive Preziosi – per un istante al nuovo Pontefice: in un saluto, in un “carissimi fratelli e sorelle, buonasera” pronunciato la sera della sua elezione – decisamente mediatico, quasi televisivo – c’è il Dna comunicativo di Papa Francesco. Un uomo semplice, immediato, che guarda con attenzione al popolo dei fedeli. Per non parlare poi del messaggio insito nel nome prescelto: Francesco come il patrono d’Italia e come simbolo di povertà e umiltà”.

Dopo questa breve introduzione sul tema dell’importanza della comunicazione il saggio di Preziosi si dipana, come perfettamente afferma nella sua prefazione l’economista Alberto Quadrio Curzio, su due grandi temi: la professionalità del giornalista e la presentazione e valutazione che questi deve fare dell’attuale situazione di crisi. Tutto si mescola con la sua esperienza di direttore di rete radiofonica e con quella che lui stesso definisce una “radiocronaca della crisi” svolta incessantemente in questi ultimi anni.

La rete e in particolare i social network hanno profondamente modificato il modo di fare comunicazione nel nostro tempo. Il giornalista si trova sempre più nella necessità di utilizzare diversi mezzi per diffondere la sua comunicazione “erga omnes” e la radio è stato forse il network tradizionale, che meglio è riuscito a combinare tutti questi mezzi. Anche però nella raccolta delle informazioni il giornalista deve saper attingere a sempre maggiori fonti, che spesso producono informazione in tempo reale. Deve come dice San Paolo nella sua lettera ai Tessalonicesi “Esaminare ogni cosa, trattenere ciò che è buono”.

L’utilizzo però in particolare dei social network fa correre al giornalista un rischio gravissimo e ciò sentirsi protagonista e non testimone dei fatti. Per questo Preziosi critica aspramente i suoi colleghi impegnati ogni secondo a twittare mezze notizie e fare commenti sarcastici. Certo è dovere di un giornalista esprime anche le proprie opinioni ma è necessario tenerle distinte dai fatti.

Questo rischio insieme alla ricerca del sensazionalismo e del titolo ad effetto ha prodotto un’informazione sulla crisi spesso poco tesa a far comprendere lo stato reale della cose. Per mesi siamo andati avanti inseguendo i sali – scendi dello spread, non comprendendone fino in fondo il significato. Certamente l’informazione ha svolto un ruolo importante sul nascere di quella crisi finanziaria che poi si è trasformata in crisi economica, facendola emergere ed evitando che qualche parte politica perseguisse l’obiettivo di tenerla celata. Allo stesso tempo però alcuni dati rimangono poco evidenziati. Sono state sovrastimate le valutazioni della Agenzie di rating, che non rispondono a nessuno, se non a precisi potentati economico finanziari, e soprattutto non pagano per loro eventuali errori. Sono stati fortemente sottostimati i fondamentali economici del nostro paese, paragonato agli stati europei “spazzatura” Irlanda, Portogallo, Grecia e Spagna, senza tenere presente che l’economia italiana non ha nulla di inferiore rispetto a quelle di Germania e Francia e ha i limiti e le difficoltà di questi grandi paesi. In particolare i giornali stranieri non hanno messo in evidenza la nostra solida struttura economica privata, il valore del Made in Italy e la forza di risparmio delle nostre famiglie.

In questo quadro Preziosi evidenzia anche alcune risorse per uscire da questa crisi. L’Europa è la risorsa primaria, seguendo i suoi dettami stiamo facendo passi importanti fuori dalla crisi ma non basta c’è sempre più necessità di unità politica e di una maggiore sovranità dei cittadini rispetto alle scelte dell’Unione. Il rispetto della moralità e della cosa pubblica sono invece esigenze primarie in particolare per il nostro paese. Il bene pubblico va valorizzato. “Perché – scrive Preziosi – ciò che appartiene alla comunità merita di essere sfruttato in tutte le sue potenzialità, merita il coraggio delle scelte, anche di quelle impopolari”.

Al termine del suo saggio Preziosi ritorna su Papa Francesco, che ritiene la più bella speranza che si apre al mondo nel momento più buio della crisi, anche per la sua capacità di vedere i limiti del nostro sistema economico sulla pelle di chi più ha subito la crisi.

“La sua elezione, – afferma Preziosi -  oltre ad aver risvegliato l’orgoglio della fede per chi è cattolico, ha saputo parlare ai cuori e alle menti di credenti e non. Perché in un momento di disorientimento generale tutti hanno bisogno di un riferimento certo che sappia indicare la strada. Una strada all’insegna dell’umiltà, della solidarietà e della rimodulazione dei valori.” Da questo punto di vista Jorge Maria Bergoglio sembra avere le idee molto chiare quando afferma: “L’economia speculativa non ha più bisogno del lavoro, non sa che farsene del lavoro. Insegue l’idolo del denaro che si produce da se stesso. Per questo non si hanno remore a trasformare in disoccupati milioni di lavoratori”.

In questo scenario però è, sempre secondo Preziosi, Papa Francesco a darci quella Speranza nella coerenza di cui tanto oggi abbiamo bisogno. “Mi viene in mente – scrive Preziosi – una sua frase detta quando era “solo” cardinale, qualche anno fa, quando citò pure Manzoni per dire: “Non ho mai trovato che il Signore abbia cominciato un miracolo senza finirlo bene. Io – aggiunse – mi aspetto che finisca bene”.

Massimiliano Franzoni

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