Invito alla lettura - Obbedienza e libertà

Obbedienza e libertà

Critica e rinnovamento della coscienza cristiana

Autore Vito Mancuso

Editore Fazi Editore – Collana Campo dei Fiori

Pagine 208

Anno 2012

Prezzo Euro 15

Il sito dell’Azione Cattolica diocesana di Fidenza avvia questa nuova rubrica di invito alla lettura, che vuole essere uno stimolo per tutti i soci e per tutti i lettori del nostro sito per condividere letture e approfondimenti. Si tratta di una rubrica aperta e per questo invitiamo tutti da subito a mandare le schede delle proprie letture, per aiutarci insieme a scambiare impressione e pensieri, che da queste letture scaturiscono. La rubrica vuole essere il più possibile aperta senza limiti dal romanzo all’e-book, dal saggio all’articolo di giornale, senza un spartito preordinato.

Iniziamo con il discusso e a volte diciamo pure discutibile teologo Vito Mancuso. È stato docente dal 2004 al 2011 presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano. Oggi è docente di Storia delle dottrine teologiche presso l’Università degli studi di Padova. A 23 anni è stato ordinato sacerdote a Milano dal Cardinale Carlo Maria Martini. Ad un anno dall’ordinazione ha chiesto la dispensa dalla vita sacerdotale per dedicarsi agli studi teologici sotto la guida di Bruno Forte. Sono note le sue posizioni spesso non il linea con la dottrina tradizionale della Chiesa. È editorialista del quotidiano La Repubblica e diverse sono le sue apparizioni televisive.

Nel suo libro “Obbedienza e libertà”, che riecheggia il motto di Don Lorenzo Milani “obbedire non è più una virtù”, Mancuso partendo dalla storia dell’Inquisizione cerca di esaltare il principio della libertà di coscienza attraverso temi decisivi come la laicità e il dialogo interreligioso.

È una distinzione chiara, linea di demarcazione si troppo netta, quella che l’Autore fa tra i “credenti evangeli o dialogici e i credenti ecclesiastici o dogmatici”. I cattolici dialogici sono quelli che ispirano le proprie scelte al discernimento della propria coscienza e non al dogma, qualora si manifestasse un conflitto tra legge esteriore e coscienza personale. In questo caso all’Autore vengono in aiuto diverse espressioni della dottrina:

  • “La coscienza è il nucleo segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali” (Gaudium et spes 16)
  • “L’essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza” (Catechismo della Chiesa Cattolica art. 1800).

In questa prospettiva la morale viene rappresentata da Mancuso come la congiunzione tra l’altezza dei principi e le strade concretamente percorribili. “Il che significa che sono molto più vicini alla verità i missionari e le missionarie che favoriscono l’uso dei preservati, che non i teologi moralisti dei palazzi vaticani che tengono fermi i principi dottrinali ignorando la vita reale”.

A partire dalla priorità data alla coscienza cambia anche il concetto di laicità, tanto che l’Autore afferma: “Si arriva anche al paradosso di credenti che è possibile qualificare “laici”, perché aperti al dialogo e poco propensi a obbedire a priori al dettato magisteriale, credenti cioè non clericali; e di laici che è quasi impossibile definire “laici”, tanto sono dogmatici e intransigenti nelle loro certezze”.

Molto meno convincente appare il teologo milanese, quando cerca di sostenere che per i cristiani Gesù non è la verità tutta intera ma una via verso la verità tutta intera, limitando Cristo ad un personaggio storico e non al Dio incarnato. Proprio il mettere in crisi le radici dell’essere cristiani nel processo indicato dall’Autore fa si che il capitolo sul dialogo interreligioso finisca con l’annacquarsi in una logica troppo vicino ai termini del panteismo. Questo sbandamento è presente anche in altri testi dello stesso autore. Mancuso si definisce teologo cattolico, com’è per titoli accademici, ma rischia di essere parimenti filosofo panteista.

Massimiliano Franzoni

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